Chi mi segue da un po’ sa già che negli ultimi tre anni passo spesso il fine settimana in Svizzera, più precisamente a Ginevra, per due ordini di motivi: passare un week-end fuori low cost – anche se detto in relazione ad un viaggio in Svizzera suona un po’ come un ossimoro – quando finanze/altri progetti più impegnativi non consentono di fare altro, e per lasciar riposare Mister ogni tanto, visto che, specialmente nell’ultimo anno e mezzo, è soprattutto lui a raggiungere me in Italia ogni venerdì.
Tra me e la Svizzera, o più precisamente, tra me e Ginevra all’inizio c’è stato un rapporto di amore-odio.
Non sopporto la chiusura dei negozi alle 6 di sera – ancor prima se è sabato – il centro deserto la domenica (ma quando socializzate?!);
il francese come prima lingua – una lingua che mi è stata antipatica sin dai tempi della scuola (se io vi parlo in inglese e voi mi rispondete in francese, non vi sembra di complicare le cose?!);
il freddo; il ristorante come il massimo del divertimento notturno (TUTTA VITA, EH!!);
lo svegliarsi presto la domenica mattina per andare a fare jogging tutta la famiglia (ma i vostri bambini non si ribellano mai?!);
la cucina dei ristoranti che chiude alle 9 (io prima della 10.30 non mi sono mai presentata da nessuna parte!);
la mancanza di energia per strada.. in questi tre anni ho dovuto ricordare diverse volte a me stessa che questa non è Londra, non è una città che non dorme mai, non è una città entertainment-oriented, anzi, è una città che potrebbe risultare noiosa.
Col tempo sono riuscita quasi a metabolizzarlo e focalizzarmi su altro, cercando di spostare l’interesse su cose che, per il mio stile di vita molto lontano dai canoni ginevrini, ho quasi sempre trascurato.
Ciò che amo di questo Paese, invece, è la Natura, dal giallo infinito dei campi di colza, al profumo dell’erba, alle montagne imponenti sempre piene di neve e agli innumerevoli laghi senza confini;
amo i borghi medioevali minuscoli belli come gioielli senza tempo;
amo le case più antiche con i tetti a guglia intrise di mistero;
amo il volto cosmopolita che può avere anche una città di appena 200.000 abitanti;
amo il valore che si da alla famiglia, ai bambini, al proprio tempo libero, allo stare bene, allo sport, al benessere in generale e alla bellezza fisica, ma che ha poco a che fare con la moda e con l’apparire, ma è piuttosto un credo nel rispettare il proprio corpo, una specie di mantra;
amo il poter arrivare in aeroporto in 10 minuti da casa e trovarmi dopo tre ore – salvo imprevisti e nonostante 2 treni – ad infilare le chiavi nella porta di casa mia in Italia;
amo l’efficienza e la puntualità, stereotipi scontatissimi che si trasformano in realtà ogni volta che ti confronti con un ufficio pubblico e hai la dimostrazione che si può pagare una bolletta alle Poste in meno di 5 minuti, farsi rilasciare una nuova patente in meno di mezz’ora, avere un finanziamento anche se si ha da poco avviato un’azienda e dar vita ad un’impresa nel giro di un mese dall’averne partorito l’idea;
amo le piste ciclabili che da Ginevra arrivano a Zurigo;
amo uscire di casa a piedi e arrivare in centro in 5 minuti;
amo il silenzio del non-traffico.
E ho iniziato ad amare anche i sabato sera che finiscono presto e il pranzo domenicale a base di pesce crudo presso il mercato di un qualsiasi piccolo borgo non lontano da Ginevra, così come le gite fuori porta per assistere ad una gara podistica amatoriale, un evento che richiama frotte di partecipanti gasati da tutto il circondario, pronti ad affrontare qualsiasi fatica e difficoltà per quell’attimo di gloria.
Ed è qui che esce fuori il carattere competitivo di questo popolo, che ha lo sport nel sangue e lo mette al centro della propria vita, al di sopra di qualsiasi altro impegno mondano.
Ma non si è trattato di una semplice corsa: un tragitto di 5 km dagli ostacoli più disparati, a volte delle vere prove di resistenza, altre quasi un attentato alla propria incolumità fisica.
Noi ovviamente abbiamo tifato per la squadra dei nostri amici: tutti expat di diverse nazionalità, regolarmente iscritti alla competizione col nome di CAZZONI SVIZZERI (si, avete letto bene!). Nonostante lo stoicismo e l’impresa epica portata a termine, si sono piazzati a metà classifica, tra la posizione X ed infinito, visto il numero di partecipanti. La cosa più esilarante è stata Claire – sudafricana e veterana di manifestazioni del genere – un vulcano di energie che nel suo metro e mezzo di altezza guidava ed incitava la sua squadra urlando a squarciagola “CAZZONI SVIZZERI, COME OOONNN!!!”.
Nessuno ha fatto una piega – qualcuno, oltre al team di Claire, ha anche risposto “YEAHHHH” – tranne quando i cecchini hanno iniziato a sparare pallini di gomma sul corridore di turno.. in tal caso, le urla erano di ben altro tipo.
Ecco i nostri eroi:
..e la giusta ricompensa! (anche per noi.)
Non sapevo che andassi spesso in Svizzera 🙂
Aaahhh, lettrice distratta!! 😉
Il buon Italo Calvino disse: “Tutte le città hanno angoli felici, basta riconoscerli”. Tu sei la prova vivente delle sue parole. Questo articolo mi è piaciuto un sacco!
Verissimo! Ed io sono passata dal detestarla a volerle molto bene. Sono davvero contenta che ti sia piaciuto!