Dopo 9 ore di volo tra nuvole che schermano la vista e chilometri di appezzamenti di terreno che sembrano disegnati col righello, lo skyline di Chicago si innalza all’improvviso, imponente e scintillante, come una cattedrale nel deserto, alla fine delle acque del Lago Michigan, che una fine sembrano non avere.
Superata la folta schiera di grattacieli, mentre ci si prepara all’atterraggio, noto come le altezze si riducano drasticamente e abbia inizio un reticolato sconfinato di casette e viali che gli occhi non riescono a contenere, un susseguirsi di sobborghi delimitati da grandi arterie e strade perpendicolari che, nel loro insieme, formano la terza città più grande degli Stati Uniti.
E una volta scesa a terra, immersa nei rumori, negli odori e nella gente, guardo poco alla volta solo un’infinitesima parte di quella città sulla quale ho volato, stavolta dall’altezza del pianoterra dei suoi grattacieli, in preda a quell’impulso incontrollabile di camminare col naso all’insù anche quando attraverso la strada, quell’impulso comune a chiunque si trovi ad avere a che fare per la prima volta con una nuova metropoli americana.
Sarà per le acque verdi del Chicago River che si riflettono sulle vetrate dei grattacieli o per l’architettura del 19° secolo dei ponti in ferro rossastro che contrastano con la modernità dei palazzi sui lati, dopo averla vista e rivista in foto e televisione mi aspettavo che Chicago fosse bella, ma di certo non mi aspettavo che lo fosse talmente tanto da farmi pensare più e più volte che, forse, lo è ancor più di New York.
Siamo nel cuore commerciale e finanziario di Chicago, il Loop, la zona più nota e frequentata dai turisti, lo stesso luogo che nel 1900 vide ergersi il primo grattacielo del mondo – una torre di 21 piani per 92 metri d’altezza che fu demolito nel 1939 – e, trent’anni più tardi, accolse la Sears Tower – oggi conosciuta come Willis Tower – la cui costruzione segnò l’inizio della trasformazione definitiva del Loop in un business district.
Il Loop è il quartiere in cui tutto è sviluppato in altezza, comprese le chiese e le carceri; dello stridio dei vagoni della L che si muovono sulle rotaie a decine di metri d’altezza e delle stazioni di legno che conservano ancora intatta l’atmosfera di fine Ottocento; delle luci lampeggianti dei teatri che accendono nella mente fotogrammi di vecchi film sugli anni ’50; degli aiuole colorate di tulipani dalle quali di tanto in tanto risuona una piacevole musichetta, degli automobilisti nervosi e dell’inizio della mitica Route 66.
E’ la zona che meglio rappresenta il volto di una Chicago vibrante, modernissima, in evoluzione, pronta a svelarsi ed essere ammirata senza troppo fatica; è la parte della città alla cui bellezza hanno contribuito, oltre ad architetti dalla mente geniale, molti artisti e scultori, rendendo il Loop un museo d’arte moderna e contemporanea a cielo aperto.
Agli anni Novanta risalgono i lavori di alcuni nomi molto noti, dai significati controversi e dal gusto particolare, che si trovano in alcuni angoli di questo quartiere:
Untitled di Pablo Picasso [Daley Plaza] ha, secondo me, le sembianze di un grosso babbuino.
Monument with Standing Beast di Jean Dubuffet [100 W Randolph St., in prossimità della City Hall] quel giorno era il baricentro di una manifestazione anti-governativa.
Miro’s Chicago di Joan Mirò [69 W Washinton St.] si erge stretta tra due palazzi a Daley Plaza ed è un omaggio alla Madre Terra.
Four Season di Marc Chagall [10 S Dearborn St., si trova nel piazzale antistante la Chase Tower]: attraverso le quattro stagioni, rappresentate utilizzando migliaia di tessere dai 250 colori diversi, l’artista fa riferimento alle 4 età della vita, calate nel contesto urbano di Chicago.
Flamingo di Alexander Calder [50 W Adams St.] ovvero un fenicottero stilizzato il cui colore è una bella botta di colore in una piazza circondata da palazzi scuri.
Il Loop è anche la zona dei grandi parchi lungo il lago Michigan, dove arte, tecnologia, natura, musica e relax trovano spazio nel Millenium Park, il più grande giardino pensile del mondo, in quanto costruito sulla sommità di una ferrovia e di un parcheggio interrato, per poi proseguire senza soluzione di continuità nel Grant Park, fino all’Osservatorio Astronomico Adler ed oltre, passando per la Crown Fountain, formata da un piazzale in cui si riversa l’acqua che fuoriesce dalla sommità di due torrette alte 15 metri sulle quali centinaia di pixel proiettano i volti di alcuni Chicagoans e che in estate si trasforma in un grande playground per bambini.
E’ proprio nel Millenium Park che si trova, probabilmente, la più celebre opera d’arte moderna di Chicago, che ne è divenuta ormai l’icona: il Cloude Gate, uno specchio gigantesco con la forma di un legume, il quale, grazie alla luce che emana e al gioco di riflessi, ipnotizza chiunque vi passi accanto.
“Non fare piccoli progetti: non hanno la forza di entusiasmare gli uomini e probabilmente non si realizzeranno mai.
Fai grandi progetti: punta in alto nella speranza e nel lavoro, ricordando che i progetti nobili e razionali una volta tramandati non moriranno mai, ma vivranno per lunghissimo tempo dopo la nostra morte riaffermandosi con rinnovato vigore.
Ricorda che i nostri figli e i nostri nipoti faranno cose che ci sbalordiranno.
Che ordine sia il tuo motto e bellezza il tuo obiettivo.”
Daniel Burnham, l’architetto di Chicago che ha ricreato la città dopo il grande incendio del 1871.
Chicago è strepitosa!
Verissimo. Ha conquistato anche me!
Anch’io adoro il fascino delle città avvolte dal mito dei tempi passati, e con questo post mi hai fatta sentire quasi lì! Che emozione!;)
Grazie bella, significa che ho raggiunto il mio obiettivo allora.. 😉
Carissima, amo più la natura ed i Parchi, ma questo tuo bellissimo post fa proprio venir voglia di fare una capatina anche lì !
ciao ciao
Max
Ciao Max, anch’io preferisco la natura, ma sono sensibile anche al fascino delle grandi città, specialmente quelle avvolte dal mito dei tempi passati.
Un abbraccio!