Durante l’estate del 2012 i grandi del grunge di Seattle sono in tour ad infiammare le platee di mezza Europa.
Mentre Mister ha ormai perso il conto dei concerti a cui ha assistito in Italia, a Seattle e in Europa, finendo addirittura nell’intro e nel libretto di “Immagini in Cornice”, per me sarebbe la prima occasione per vedere i Pearl Jam. Ovviamente non possiamo farcela scappare. Scartiamo tutte le città in cui siamo stati più o meno recentemente e decidiamo di andare in trasferta a Praga per la tappa del 2 luglio, città in cui Mister non è mai stato e a me fa piacere tornarci dopo più di dieci anni.
Dopo aver preso i biglietti, prenotato aereo e hotel, ricordiamo che il 29 giugno abbiamo un altro appuntamento con un altro pilastro del grunge americano: al Cavea Auditorium di Firenze c’è infatti Chris Cornell in versione acustica, in una delle tre tappe italiane del Songbook Tour.
Il nuovo Teatro dell’Opera di Firenze è un avveniristico complesso architettonico di marmo bianco dalle grandi vetrate. Al nostro arrivo ci rendiamo conto che l’evento avrà luogo sul tetto, un anfiteatro di 2.000 posti all’aperto ove la grande scalinata si apre su un panorama mozzafiato della città: la location è perfetta per la calda voce di Chris, che in questa versione acustica è lontana dalla rabbia del Seattle Sound e assume delle note quasi romantiche e malinconiche. A chiudere il quadro, a lato del palco, l’intera famiglia del cantante: la moglie, elegantissima in un lungo vestito giallo, la figlioletta e il “black hole son” (dalla stampa della sua t-shirt) di 5-6 anni, emulo perfetto di Chris, che ha suonato la sua chitarra immaginaria per tutta la durata del concerto.
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A fine concerto, facciamo un giro nel centro Firenze, per ammirarla sotto la luce della luna piena.
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Rientriamo a Roma il sabato e il giorno dopo prendiamo il nostro aereo per la Citta d’Oro.
Mentre siamo in attesa dei bagagli all’aeroporto Ruzyně, ci rendiamo conto che non abbiamo alcun hotel prenotato.
Mesi prima della partenza, un collega mi aveva consigliato l’hotel dove aveva pernottato un paio d’anni prima ed avevo incaricato Mister di fare la prenotazione. Prima del decollo da Roma, chiedo a Mister di scrivere due righe all’hotel per confermare l’ora dell’arrivo, ma tra il milione di email presenti nel suo telefono non c’è quella di conferma della prenotazione.
Dopo cinque minuti di ricerca tra i vari account di posta elettronica, Mister confessa che, a conclusione della prenotazione on line, quell’email non l’ha mai ricevuta. Scrivo al mio collega per chiedergli di aiutarmi a trovare i contatti dell’hotel, dopo aver cercato su internet e non aver trovato nulla. E’ arrivato il momento di spegnere il cellulare. Seduta davanti al tapis roulant a Praga, riaccendo il telefono e ricevo il messaggio di Stefano: “Non so che dirti, l’hotel sembra non esistere più!”.
Ancor prima di ritirare il bagaglio, troviamo su booking.com un’offerta per una stanza al Ramada Prague City Centre – che più al centro non potrebbe stare visto che si trova in piena Piazza San Venceslao – e prenotiamo al volo. Stavolta l’email di conferma arriva.
Sbarchiamo in una Praga piovosa, pronta a trasmettere la finale degli Europei su un mega-schermo nella Piazza della Città Vecchia (o Piazza dell’Orologio).
Quando ci rendiamo conto che si era messa troppo male per l’Italia per sperare in un lieto fine e che la piazza ospitava più tifosi spagnoli che italiani, decidiamo di rifugiarci in una chiassosa birreria tipica e poco turistica, la Lokal, al dlouha 33. Birra ottima e servita in continuazione: se non lo si ferma prima, il cameriere arriva con altra birra appena il bicchiere sul tavolo si svuota. Il cibo è tradizionale, ma il menù conta pochi piatti. Sorvolo sulla bontà della mia scelta: una sorta di hamburger di maiale lesso, galleggiante in un brodo di cipolle crude.
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Sicuramente migliore e più raffinata la cucina del Vikárka (Vikářská 39, 119 00 Praha 1), risalente al XIV secolo ed ubicato nel quartiere del Castello, proprio dietro la cattedrale di San Vito.
Questo bellissimo ristorante fu costruito al posto di una chiesa durante la Signoria di Carlo IV: all’epoca, il suo cortile ospitava nobili spagnoli ed artisti, in cerca di divertimento o di concludere un affare. Ottimo il Vicar’s beef goulash.
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Altra tip culinaria: per uno spuntino veloce o anche solo per ingordigia, provate il prosciutto di Praga in Piazza delle Città Vecchia. Non lo scorderete mai più.
Tra le tante cose da vedere a Praga, irrinunciabile è, per l’appunto, il Castello, un complesso monumentale di palazzi, edifici ecclesiastici, fortificazioni, uffici e case abitabili che rappresentano prezioso mix di diversi stili architettonici e che si estende su una superficie di 45 ettari.
Qui si trova anche la più grande cattedrale di Praga, la Cattedrale di San Vito, in cui è deposto un osso del braccio del Santo; il Vicolo D’Oro, con le sue casine colorate che in passato furono residenza prima di artigiani e di orafi, poi delle guardie del palazzo ed alchimisti, nonché di Franz Kafka dal 1916 al 1917; e un numero indefinito di bellissimi giardini, che fanno del Castello di Praga una città nella città.
Altra perla di questo luogo è la vista sui tetti rossi della capitale ceca di cui si gode dalla piazza centrale.
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Il secondo giorno è tutto dedicato al concerto.
Dopo la nostra solita colazione-pranzo, andiamo direttamente all’O2 Arena per accaparrarci uno spazietto sotto al palco.
E così è stato: quale miglior primo concerto dei Pearl Jam se non quello in cui ti arriva in faccia il vino che Eddie ogni tanto sputa sulla folla?
2 thoughts on “Da Firenze a Praga sulle orme del Seattle Sound”