Nelle due settimane trascorse in Islanda, mi sono resa conto che, oltre alle attrazioni più famose, ci si può imbattere in dei veri e propri tesori nascosti. E’ altrettanto vero però che, seguendo i cartelli stradali che indicano vagamente la presenza di un qualcosa da vedere con questo simbolo e la guida cartacea che non ne fa menzione o non ci spende più di due parole, a volte ci si può ritrovare a percorrere diversi chilometri per raggiungere un luogo che lascia un po’ l’amaro in bocca o decidere di non avventurarsi e perdersi qualcosa di unico.
Queste sono le tappe, nei dintorni del celebre Circolo d’Oro, che secondo me valgono tutti i chilometri di strada sterrata da fare.
E’ ora di rimetterci in moto: ci aspettano poco più di 170 chilometri ricchi di soste.
.
Islanda: il Circolo d’Oro
Torniamo al Parco di Þingvellir, anche se significa ripercorrere qualche chilometri rispetto alla tabella di marcia, ma non possiamo rinunciare a rivedere la cascata Öxarárfoss sotto la luce di un timido sole: essa non è annoverata tra quelle più belle che l’Islanda offre, ma il salto dalla faglia di Almannagjá e il conseguente gioco di salti più piccoli, ruscelletti e laghi, la rendono uno degli angoli più suggestivi dell’intero parco.
E’ impossibile rendere giustizia con una foto alla bellezza di questo luogo: non è solo la cascata, o le rocce squadrate che compongono le pareti della faglia, o il lago che raccoglie in sé tutta l’acqua che Öxarárfoss riesce a buttar giù, ma è nell’insieme che risiede la sua meraviglia. Ed è per questo che preferisco rimandare la visione di Öxarárfoss, come per altri posti di cui vi parlo qui, al video che pubblicherò a breve, con le immagini più belle dei primi tre giorni del viaggio.
Dopo una breve sosta a Geysir, uno dei simboli dell’Islanda, ci dirigiamo verso Gullfoss, dove concludiamo il tour lungo il Circolo d’Oro.
La cascata d’oro non ha bisogno di presentazioni: è possente, maestosa ed impetuosa, proprio come uno se la immagina. Mentre mi avvicino al salto, lungo il sentiero che costeggia il canyon dove le acque scivolano via dolcemente, il fragore aumenta vertiginosamente, fino a divenire quasi l’unico suono udibile, mentre il vapore compie il volo al contrario ed avvolgere completamente la folla.
.
Islanda: oltre al Circolo d’Oro, altre tappe da non perdere
Promontorio Gaukshöfði
Mentre viaggiamo sulla 32, da Árnes in direzione Stöng, notiamo un cartello che segnala un’attrazione sulla sinistra. Svoltiamo e seguiamo la stradina sterrata che, dopo giusto un paio di chilometri, ci conduce alla base del promontorio: decidiamo di salire in cima e rimaniamo senza parole.
La vista da lassù è favolosa e abbraccia l’intera vallata Þjórsárdalur, attraversata dal fiume Þjórsá, fino al vulcano Hekla. Proseguendo nella stessa direzione, lo sterrato si ricongiunge nuovamente alla 32.
Cascata Hjalparfoss
Poco più avanti sappiamo esserci un’altra cascata e presi completamente dal mood che non vogliamo perdercene nemmeno una, facciamo un’altra piccola deviazione, ma questa volta sulla destra. La cascata non è segnalata alla prima uscita, ma trattandosi di una stradina a semicerchio che riconduce alla 32, se la si manca, si può prendere la seconda, dove il cartello invece c’è.
La cascata scende dirompente in due salti separati, da una parete di basalto dalle colonne insolitamente contorte.
Stöng
Si tratta di una fattoria di epoca vichinga, sepolta dalla cenere lavica di una delle eruzioni del vulcano Hekla e riportata alla luce nel 1939: è una delle più antiche e ha contribuito alla datazione di tutte le altre dimore rinvenute in Islanda. La strada che vi ci conduce è molto panoramica e attraversa infinite distese desolate dalle sfumature rosse e verdi, di quelle in cui c’è poco e nulla e che piacciono tanto a me, in un susseguirsi di discese e salite cieche. Arrivati al sito, il paesaggio cambia completamente e sembra di trovarsi in un’oasi nel deserto: rivoli d’acqua immersi nel verde si celano dietro ad un sentiero avvolto dalla vegetazione, che indica la strada verso la fattoria.
Dopo aver percorso un tratto in cui la 32 diventa una striscia lineare d’asfalto che corre parallela ad una fila di tralicci dell’alta tensione in una piana nera e brulla e sembra averci catapultati in un deserto della penisola arabica, se per un attimo non guardiamo l’Hekla svettare da un lato incappucciato di neve, deviamo sulla 332, ritrovandoci ad un bivio che chiama per Hólaskógur da una parte e Háifoss dall’altra.
Hólaskógur – Valle Gjáin
E chi se l’aspettava di trovare il giardino dell’Eden in fondo ad un dirupo! Cascate, ruscelli, laghetti e ponticelli di legno animano una conca incastrata in un contesto arido e desolato: vien da chiedersi se siano stati gli elfi a creare questo luogo magico. Probabilmente no, ma sicuramente lo abitano.
Háifoss
Tornando al bivio di prima e proseguendo in direzione opposta, uno sterrato, che non ci risparmia sobbalzi e scossoni per qualche buca e sasso di troppo, si inerpica fino in cima alla collina. Háifoss, accompagnata nel suo salto dalla vicina Granni, ci lascia letteralmente a bocca. Siamo lì completamente soli – se non consideriamo l’immancabile trio di pecore che pascola placidamente proprio in fondo alla scarpata – seduti su un sasso a guardare l’ennesimo spettacolo islandese, mentre tutto il resto del mondo sembra essere lontano anni luce.
Che peccato essermi persa il promontorio e Haifoss! 🙁
Due ottimi motivi per tornarci!
Non posso che concordare!
Non hai affatto torto! Poi mi mancano anche i fiordi dell’Ovest 🙂 #siva
Che meraviglia, e che meraviglia essere di nuovo a leggerti ad addolcire il nostro rientro. Adoro il cartello delle indicazioni sembra una mappa per la caccia al tesoro!
Hai detto una cosa giustissima: trovare determinati luoghi in Islanda è proprio una caccia al tesoro!
Non c’entra niente con il post ma te lo devo dire. Per me il più grande interrogativo dell’Islanda è: come possibile che i cavalli islandesi sembrino TUTTI appena usciti dal parrucchiere? Sono uguali alle modelle delle pubblicità anni 90 della phanten o della wella. Io a confronto ho la capigliatura di Maga Magò. E con l’umidità che c’è in Islanda poi. Mah.
Mi hai fatto morire! io li ho ribattezzati “figoni ossigenati”: sempre con tinta e piega perfetta!
Ma vero?? Proprio come quelle tizie che scuotono la chioma al rallentatore e – tac! – i capelli ricadono morbidi e perfetti. Ma come fanno? La prima delle due che torna in Islanda dovrà cercare di carpirne il segreto, mi raccomando!
Non lo chiedere a me: mi basta un minimo di umidità che i miei capelli lievitano che è una bellezza.. Sfida accettata!