Lo ha scritto addirittura il New York Times, ma ancora prima l’aveva raccontato Ferdinand Gregorovius durante le sue Passeggiate Romane, che quello di Ninfa è il giardino più bello e romantico del mondo.
E questo piccolo paradiso incantato è proprio dietro l’angolo, spesso conosciuto dai più lontani e troppo spesso trascurato da chi ha la fortuna di averlo a pochi passi da casa.
Siamo a circa 80 chilometri da Roma, nella provincia di Latina: il Giardino di Ninfa è un monumento naturale che si estende per otto ettari nel comune di Cisterna, sorvegliato ad est da Norma e Sermoneta, due incantevoli ed antichissimi borghi dei monti Lepini, e ad ovest, in lontananza, il mare.
Ciò che oggi rimane, sono le rovine dell’antica città di Ninfa, fondata nel 745 d. C. e abbandonata circa 600 anni dopo.
Durante il periodo di massimo splendore, Ninfa era una città piena di case (circa 150) e di chiese – considerando sia quelle all’interno delle mura sia quelle all’esterno se ne contano 14 – e strade, mulini, ponti, ospedali, un castello e il municipio.
La città era difesa da una cinta muraria doppia della lunghezza di circa 1.400 metri, intervallata da almeno undici torri.
Era una città prosperosa e conosciuta. Si trovava, infatti, in una posizione strategica per il traffico delle merci verso il sud d’Italia: l’impraticabilità della Via Appia a causa delle paludi, costringeva il passaggio per la via Pedemontana, che da Velletri giungeva a Terracina, passando proprio per Ninfa, dove la strada subiva un restringimento, permettendo al paese di beneficiare dei pedaggi che venivano imposti a chi passava di lì.
Nel corso degli anni, la città passò sotto l’egida di vari casati, fino ad arrivare al declino della propria potenza: le continue lotte interne alla famiglia Caetani, nonché le guerre tra i feudi circostanti, finirono col devastarla e lasciare al suo posto solo alcune rovine, arbusti e malaria.
Nel 1920 un discendente della famiglia Caetani, Gelasio, decise di risvegliare Ninfa e riportarla ai suoi antichi splendori.
Con l’aiuto della madre, la contessa inglese Ada Wilbraham, avviò un’imponente opera di bonifica e restauro, ridisegnando il giardino così come è conosciuto ai nostri giorni.
Di quel periodo sono infatti tutti i grandi alberi esistenti: Ada iniziò a piantare diverse specie botaniche che portava dai suoi viaggi all’estero e che trovarono nel Giardino di Ninfa l’habitat ottimale, per via del clima molto umido, regalato dal fiume e dalla rupe di Norma che bloccava il passaggio delle nubi più basse provocando frequenti piogge.
Negli anni 30 è intervenuta la moglie del Duca Roffredo, Margherita Chapin, la quale introdusse le essenze arboree più rare.
Poi arrivò Lelia Caetani, che dal 1950 in poi, ridisegnò il Giardino di Ninfa in funzione prettamente estetica: fece collocare numerose magnolie, un giardino roccioso e le Clematidi, rose rampicanti compatibili con la conservazione delle rovine.
Oggi l’oasi rappresenta un anello di congiunzione universale per la flora di tutto il mondo: ospita infatti innumerevoli piante che provengono dai cinque continenti e che nel Giardino di Ninfa hanno trovato l’equilibrio perfetto, un equilibrio che sembra persistere per pura magia.
Camminando per i sentieri dell’oasi si incontrano un acero giapponese a foglia rosa, un noce americano, un gruppo di yucca e diversi roseti; l’albero della nebbia, con i fiori simili a zucchero filato, ed un cedro sul cui tronco è poggiata una tillandsia, pianta senza radici che si nutre dell’umidità dell’aria; un pino dell’Himalaya e uno messicano, dei banani, un’acacia dal Sud America, un boschetto di noccioli e uno di bambù provenienti dalla Cina.
E ancora, una gunnera manicata, tipica degli ambienti fluviali brasiliani, dei papiri ed una casuarina tenuissima, proveniente dall’Australia.
Le tue foto sono, come sempre, splendide e riescono a far respirare tutta la magia di questo che credo sia proprio il più bel giardino che mi sia capitato di visitare…
Questo giardino è uno dei (pochi) grandi orgogli della mia provincia e mi fa sempre un certo effetto scoprire che qualcuno che “viene da lontano” lo ha già visitato 🙂
😀 Ho la stessa sensazione quando qualche viaggiatore mi dice di essere stato in Basilicata: ma davvero??